Come fare psicoterapia in totale sicurezza con l’e-therapy
Alla luce delle restrizioni del DPCM a causa Covid-19 anche la professione di psicoterapeuti ha dovuto adeguarsi alle nuove direttive con tutti i cambiamenti che questo ha comportato sulla metodologia “classica”.
Se da un lato è un fatto morale (evitare di diventare untori ed essere unti) nonché civico (rispetto di una direttiva ministeriale), dall’altro ha aperto le porte, se non addirittura la menti, a molti colleghi scettici all’uso delle nuove tecnologie per poter fare psicoterapia online.
Personalmente ne usufruivo già, in funzione di quei pazienti che non riuscivano ad avere accesso al servizio in madrelingua perché residenti all’estero, o di quelli che per motivi di lavoro erano costretti a spostarsi spesso o non avevano il tempo materiale per raggiungere lo studio o che, dopo un percorso già avviato in studio, ha preferito proseguire con me online dopo un trasferimento (in genere mi offro sempre di trovare un collega nella nuova sede di domicilio).
Lo stesso è valso, e vale, per tutti quei pazienti che sono impossibilitati per disabilità o lo sono stati per interventi che li hanno obbligati a rimanere a casa per più settimane.
Del resto: come chiedere ad un paziente di metterci due ore anziché i consueti 30 minuti per raggiungere lo studio? O di spendere in taxi o disturbare amici o parenti affinché li accompagnino?
Mi sembrano dunque ovvie la comodità e l’opportunità che le nuove tecnologie hanno offerto anche al fare psicoterapia.
L’e-therapy ai tempi del Coronavirus: cosa cambia?
Per quanto ad un primo impatto possa sembrare “strano”, dopo pochi minuti di “ingresso nella rete digitale”, ove terapeuta e paziente si accertano di essere ben presenti entrambi l’uno all’altro, il focus sugli obiettivi di lavoro diviene ben presto il solito.
La prima grande differenza ha dunque ha a che fare con l’inizio delle sedute.
Innanzi tutto il paziente non ha modo di sostare nella consueta sala d’attesa! Cosa comporta questo? Penso in prima battuta ai pazienti che non vivono da soli, che si ritrovano a chiedere di non essere disturbati per un’ora dai partner o dai genitori in casa.
E qui già le prime difficoltà di ritrovarsi uno spazio idoneo, intimo, da dedicare alla seduta e per concentrarsi in essa.
Sto vedendo i pazienti sullo sfondo di quello che è evidentemente un balcone, il sedile di un’auto, il muro di una cantina o di un garage.
Anche per chi vive solo, l’abitudine ad usare il cellulare ovunque per i più svariati motivi, porta le persone in generale a connettersi ovunque ed in qualsiasi momento: appena dopo aver pulito i piatti, appena terminato uno spuntino, in pigiama, senza trucco, con i capelli spettinati…
E già: siamo abituati a credere che tanto se non dobbiamo uscire di casa, quindi non prepararci per farlo, abbiamo ancora tempo per fare quell’ultima piccola incombenza di casa e possiamo permetterci di rispondere all’ultimo minuto.
Ma iniziare una seduta implica dedicarsi uno spazio mentale in cui riprendere le fila del percorso, di quanto è accaduto nell’ultima settimana di rilevante per la seduta, di tirare le somme rispetto a quanto constatato con l’ultimo “compito” o “riflessione” che il terapeuta aveva affidato nella precedente.
Il contesto attuale, di restrizione in casa e dove tutto si fa in casa, rischia di rubare spazio mentale a questo processo preparatorio.
Sta al terapeuta dunque occuparsene, dedicando i primi minuti proprio a questo.
Ma non solo. Come dicevo all’inizio siamo stati obbligati a questo cambiamento da un evento mondiale: un argomento che è sulle bocche di tutti off ed on line.
E allora le prime domande in genere diventano: “Dottore come sta?”. Non che sia una domanda inconsueta, ma oggi è più frequente e subito il sentirmela porre mi richiama il contesto là fuori, fuori anche da casa mia.
Perché lo stiamo condividendo tutti. Stiamo condividendo il fare tutto/principalmente tutto, solo in casa; il non trovarci nelle folle dei mezzi pubblici della grande città (lavoro a Milano, così come i miei pazienti per raggiungermi anche da fuori devono usare treni, tram o metropolitane in genere affollati), il doverci riappropriare del nostro spazio fisico e temporale in casa…
…E cambia “la stanza”: terapeuta e paziente non si vedono più vis a vis nello studio consueto, ma attraverso uno schermo. “Dottore mi vede? Mi sente?”.
Allora: “come stiamo qui e ora?”: ad incontrarci qui, a proseguire il nostro percorso qui, in questa dimensione bidimensionale, con un suono delle voci a volte un po’ metallico, senza profumi, ove l’immagine dei nostri volti talvolta diviene un po’ sgranata e le voci talvolta si sovrappongono per un ritardo di connessione?
Tutti aspetti assolutamente presenti, che a primo acchito possono indisporre o creare un qualche disagio.
In tal caso è bene affrontarle un attimo, dando a questa nuova modalità di colloquiare terapeuticamente la possibilità di decantare.
Attenzione, devo dire che per alcuni pazienti al contrario agevola l’agio: penso ad esempio ai più giovani ormai ben abituati allo strumento, o a quei pazienti sollevati dal non dover uscire di casa.
L’e-therapy dopo le restrizioni: cosa succederà?
Esclusi quei pazienti che hanno deciso di riprendere le sedute solo a restrizioni terminate, devo dire che tutti gli altri si sono ben abituati alla terapia on line, tanto da chiedermi se poi non mi chiederanno di alternare le modalità date le comodità del mezzo moderno.
Non lo escludo affatto e dovremo interrogarci sul perché no e perché sì!
E poi? La seduta procede come consueto. La stanza della terapia rimane la mente dei due interlocutori coinvolti nel processo di riflessione condivisa. E si sa, quando si è nel flusso di un’attività, tempo, spazio e contesto quasi si dimenticano.
Tutti quei disturbi di connessione, video e audio, diventano parte del processo. Non possiamo fare diversamente. Per pochi secondi attendiamo, ma rimaniamo sul pezzo. Anzi: quasi ci obbliga a prestare più attenzione perché potrebbe succedere nuovamente e non vogliamo perdere il filo del discorso.
E infine “quando ci vediamo?”, si riprende appuntamento come sempre in un’altra data, concordando l’orario e “fino a nuove disposizioni ancora qui”, via webcam per la prossima seduta di psicoterapia online.