Il disturbo borderline di personalità
Sorrido quando sento parlare di borderline e bipolare come fossero aggettivi intercambiabili.
Cosa si intende per disturbo borderline?
Innanzi tutto si tratta di un disturbo di personalità e non dell’umore, sebbene la disregolazione emotiva che è parte dei criteri che lo identificano fa sì che chi soffre di questo disturbo risenta anche di un umore problematico.
In quanto tale rientra tra i disturbi che indicano un modo stabile e pervasivo di percepire sé stesso, gli altri ed il mondo, quindi del pensare e comportarsi di un individuo.
Diagnosi: disturbo borderline di personalità
Diagnosticabile a partire dai 18 anni di età del paziente, per quanto intravedibile prima, nella personalità borderline tali caratteristiche sono marcatamente instabili.
Si caratterizza cioè per una significativa instabilità del senso di identità, dell’umore e delle relazioni interpersonali, nonché di un comportamento tipicamente impulsivo.
Il funzionamento socio – interpersonale nonché lavorativo risultano facilmente compromessi e l’individuo borderline, nulla togliere a chi soffre di altro, accusa un malessere molto intenso.
Analizziamoli meglio, seguendo con ordine i criteri del DSM V.
Innanzitutto cosa si intende per instabilità del senso di sé?
Se assumiamo le componenti del sé definite secondo il manuale, si intende da un lato che l’individuo ha un’identità compromessa ove l’immagine di sé è instabile, poco sviluppata e che in genere tende a criticarsi eccessivamente; dall’altro mostra una compromissione dell’autodirezionalità, ovvero fatica a formulare obiettivi e a mantenerli, cambia spesso idea rispetto a quanto desidera, ai suoi valori e ai suoi piani.
Come si traduce tutto questo? Ad esempio in un’identità incerta rispetto al proprio orientamento sessuale, al proprio ruolo di genere, ai propri valori, all’immagine del proprio corpo ma anche nel fare propri sentimenti e pensieri altrui.
La personalità borderline presenta compromissione anche nel funzionamento interpersonale.
Nulla di nuovo nel momento in cui parliamo di un disturbo di personalità, ma nel borderline è marcata la difficoltà nell’intimità: tende ad instaurare rapporti molto stretti ed intensi e al contempo instabili e conflittuali.
Questo perché alla base si tratta di una persona che ha un disperato timore dell’abbandono e lo prevede dove non c’è.
Il paziente borderline pertanto non si fida degli altri: per lui l’altro da sé prima o poi lo abbandonerà, lo trascurerà o lo maltratterà.
Ho parlato al maschile ma in realtà è un disturbo a prevalenza principalmente femminile, in rapporto 7 donne: 3 uomini.
Rispetto ai rapporti interpersonali la seconda problematica è l’empatia: mostrano deficit nel riconoscere i sentimenti e bisogni altrui, completamente assorbiti dal cogliere nell’altro il minimo cenno di critica o rifiuto.
Le loro relazioni oscillano così da un vissuto di estrema idealizzazione ad altrettanti ed alternati vissuti di totale svalutazione dell’altro.
Caratteristiche disturbo borderline
Tra i tratti di personalità ben si riassumono:
- un’affettività negativa caratterizzata da esperienze emotive instabili, con frequenti cambiamenti di umore, emozioni intense e sproporzionate rispetto agli eventi, intense emozioni di ansia, panico, apprensione e sensazione di minaccia o perdita del controllo; timore dell’abbandono e del rifiuto nonché frequenti e prolungati periodi con umore deflesso, accompagnato da pessimismo sul futuro, senso di inferiorità, assenza di speranza e pensieri suicidari o sentimenti di vero e proprio vuoto (rispetto alla popolazione generale sembrerebbe ricorrano al suicidio con un rischio del 50% in più)
- disinibizione intesa come impulsività ed assunzione di rischi. Queste persone tendono cioè non solo a reagire immediatamente senza valutare se il loro comportamento sia idoneo, ma tendono anche ad ingaggiarsi in comportamenti pericolosi e dannosi per se stessi (ad esempio attraverso gesti autolesivi) e per gli altri. Oltre agli atti autolesivi cui sino al 70% di chi ne soffre ricorre, possono assumere sostanze stupefacenti o abusare d’alcool come forma di auto medicamento per i vissuti intensi di rabbia, depressione o vuoto. Altri esempi possono essere il guidare in modo spericolato o l’avere rapporti sessuali promiscui.
- antagonismo: ovvero sono facili prede di vissuti ed atteggiamenti ostili e rabbiosi.
Se uniamo i pezzi possiamo ben immaginare un individuo che, oscillando tra idealizzazione e svalutazione di sé e degli altri, nelle relazioni possono passare da atteggiamenti di sottomissione ad altri di aggressività.
Peraltro non conoscono mezze misure: vedono il mondo, sé e gli altri in bianco e nero, fattore che certo non li aiuta a mitigare l’intensità dei loro vissuti emotivi, a stabilizzare l’immagine di sé né l’andamento delle relazioni.
Date le caratteristiche qui esposte può sembrare chiaro il motivo del nome dato al disturbo: un’oscillazione costante da un estremo all’altro della percezione di sé e degli altri può far intendere il passaggio da un confine all’altro di questi aspetti.
In realtà il nome trae origine dai primi studi di pazienti che mostravano di stare sul confine tra la sintomatologia nevrotica (come sintomi di ansia o depressivi) e quella psicotica (che include allucinazioni, dissociazione e paranoia).
Di fatto il continuum dello spettro di gravità delle problematiche emotive ed interpersonali delle persone che soffrono di disturbo borderline varia in modo considerevole.
Alcuni infatti riescono a mantenere relazioni amicali (per quanto scarsamente sane), rimangono impegnati in relazioni affettive così come nel posto di lavoro abbastanza a lungo, altri approdano in reparti di psichiatria e faticano ad avere una seppur minima qualità di vita.
Cionondimeno possono essere individui molto intelligenti ma il disturbo impedisce loro di completare gli studi o di trovare un lavoro al livello delle loro reali competenze.
Ad ogni modo spesso incorrono in “periodi di crisi”, senza trascurare il fatto che tipicamente mostrano altre patologie in comorbilità quali disturbi di ansia, dell’umore o dell’alimentazione per citarne alcuni.
Per la labilità emotiva che li caratterizza sono molto vulnerabili ai periodi di stress e a scambi comunicativi minimamente conflittuali ove reagiscono improvvisamente e rapidamente con emozioni intense e sproporzionate, da cui rimangono in balia a lungo prima di calmarsi.
Personalità borderline: instabilità e disregolazione emotiva
E’ chiaro dunque che le parole chiave per descrivere questi pazienti sono instabilità e disregolazione emotiva.
Studi rilevano che tra l’1 ed il 2,5 % ne è affetto, soprattutto di genere femminile. L’esordio avviene in giovane età adulta.
Cause disturbo borderline?
Ad oggi si è giunti a concludere che vi sia una multifattorialità eziopatogenica.
Da un lato pare vi siano implicati fattori genetici e temperamentali tra i quali ad esempio ridotti livelli di serotonina potrebbero essere causa della vulnerabilità emotiva di queste persone, per cui episodi di rilevanza minima per i molti scatenano in loro reazioni emotive intense.
Dall’altro vi sono anche fattori ambientali, intesi come l’ambiente socio famigliare di riferimento.
Dati clinici rilevano come spesso, nella storia di vita di questi pazienti, vi siano episodi di trascuratezza e maltrattamenti, ove la figura di attaccamento era “invalidante”.
Il caregiver non solo non riconosce gli stati interni del bambino, futuro paziente, ma addirittura li minimizza, li svaluta, li critica o li punisce.
Si tratta insomma di figli di genitori criticanti, svalutanti e maltrattanti sul piano emotivo, psicologico se non addirittura fisico.
Spesso sono figli di genitori affetti a loro volta da patologie mentali o che abusano di sostanze e/o che sono cresciuti in un ambiente di deprivazione sociale, povero e marginalizzato, che hanno assistito a violenze domestiche.
Un ambiente di sviluppo imprevedibile ed instabile insomma, che ha messo le basi per esperienze post-traumatiche che hanno minato la loro fiducia di base nelle relazioni interpersonali nonché nelle loro stese capacità di placare emozioni spiacevoli.
Come curare il disturbo borderline di personalità?
Trattandosi di un disturbo di personalità difficilmente il paziente si rivolge ad un terapeuta consapevole del proprio disturbo.
Nella maggior parte dei casi decide di richiedere una consulenza per problematiche ansiose, dell’umore, disturbi alimentari, problematiche di dipendenza a sostanze o al gioco di azzardo o per difficoltà nelle relazioni con i partner o famigliari in genere.
A prescindere dall’approccio psicoterapico la difficoltà maggiore sta nel poter stabilire una buona alleanza di lavoro terapeutico, che con questi pazienti è un obiettivo costante essendo lo sviluppo ed il mantenimento delle relazioni uno dei sintomi principali del disturbo.
Spesso possono minacciare l’interruzione della terapia ed arrabbiarsi durante le sedute.
Fondamentale è dunque un’attitudine costante di supporto e chiarificazione di quanto via via emerge nel corso delle sedute.
Basti pensare come la vulnerabilità all’abbandono possa attivare in loro intense emozioni di rabbia nei periodi di momentanea interruzione della terapia dati dalle vacanze estive o natalizie.
Terapia cognitivo comportamentale e disturbo borderline
Tenendo dunque sempre a mente l’importanza dell’alleanza terapeutica, la terapia cognitivo comportamentale ha per obiettivo il rivelare passo passo le dinamiche di funzionamento del paziente, ovvero la visione che ha di sé, degli altri, di come pensa che gli altri lo vedano e di quanto l’andamento delle relazioni sia da tutto ciò condizionato.
Parallelamente l’altro obiettivo è quello di far acquisire al paziente abilità di gestione (intesa come regolazione) degli stati emotivi, di modo da renderli meno intensi e da poter agire quindi in modo più funzionale alle diverse situazioni.
Lavorare su questo aspetto non esclude l’approccio cognitivo, che si preoccuperà qui in prima battuta di svelare un bias cognitivo tipico del disturbo: il pensiero dicotomico (ovvero il valutare le proprie esperienze, sè e gli altri in termini bianco o nero) che porta ai vissuti intensi di questi pazienti.
La dottoressa Pigazzi si avvale inoltre più che mai per questo disturbo delle cosiddette psicoterapie cognitive di terza generazione, evoluzioni della psicoterapia cognitivo-comportamentale standard, che hanno dimostrato efficacia per la cura di questo disturbo.
D’elezione è senz’altro la psicoterapia dialettico-comportamentale di Marsha Linehan, trattamento validato proprio per il disturbo di personalità borderline.
Infine può essere necessario affiancare il percorso psicoterapico ad una terapia farmacologica, volta ad equilibrare l’emotività (in genere mediante antispicotici di seconda generazione), ad esempio mitigando un episodio depressivo o riducendo in frequenza ed intensità gli stati ansiosi (a questo scopo vengono impiegati stabilizzatori dell’umore ed antidepressivi).
E’ bene precisare che non esiste una farmacoterapia risolutiva, per cui è sempre consigliabile affiancarle il supporto di una psicoterapia.